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Un viaggio in Belgio

 

La mia passione per l’hebertismo ha origini lontane quando, al primo anno in reparto, ho scoperto la bellezza del percorso hebert. Sono sempre stata una sportiva e questa mia inclinazione ha favorito la nascita di questo interesse. La scintilla però è stata la possibilità di coniugare attività sportiva e natura. Da quel giorno l’hebertismo è diventato una parte di me.

L’hebertismo in Italia è pressoché sconosciuto; negli ultimi anni ho guardato con desiderio i luoghi di origine del Metodo Naturale tanto da portarmi a contattare quasi per gioco uno degli esponenti della Fédération Belge d'Hébertisme et de Yoga. È iniziata così una intensa corrispondenza e soprattutto l’incontro con tante persone italiane, francesi, belghe, tedesche ecc. che praticavano il metodo naturale.

Finalmente, dopo un anno di attesa, sono riuscita ad organizzare un week end per partecipare alla festa per i 40 di Hebertismo a Esneux. Sarebbe impossibile descrivere a parole l’entusiasmo e la forte aspettativa per questa esperienza.

In Italia si pratica hebertismo quasi esclusivamente all’interno dello scoutismo, mentre in Belgio esistono centri specializzati con persone che regolarmente praticano il metodo naturale. Ad Esneux, per esempio, ci si ritrova tutti i sabato mattina per due ore di allenamento naturale.

La cosa che più mi ha colpito visitando uno di questi centri è stata la proposta di una attività fisica in natura indirizzata contemporaneamente a bambini ed adulti; sia a sportivi di successo che a principianti. L’hebertismo è quindi tarato sulle singole capacità di ciascuno e non su delle competenze acquisite in precedenza.

La mattinata che ho passato ad Esneux, insieme a mio marito Luca, è trascorsa tra esercizi e risate, ma soprattutto nella quiete e pace dei boschi, a contatto con i rumori e gli odori della natura.

Ci siamo cimentati in un percorso misto che prevedeva ostacoli naturali (alberi, arbusti, ecc.) e artificiali (assi di equilibrio, staccionate ecc.), provando ogni volta a superarli come il nostro corpo sapeva fare. Ed ecco che una capriola assumeva un significato diverso e un salto non era più un singolo gesto atletico, ma una maniera per proseguire nel percorso. Ci siamo anche dovuti confrontare con alcuni esercizi per noi non congeniali (pertica, passaggio alla marinara, ecc.) che però ci hanno aiutato a superare i nostri limiti.

Ovviamente alla fine non c’è stato un vincitore e un vinto, ma solo tanta gioia e stanchezza!!!!

Chiara

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